Enrico Versari: Caos e Cosmo
16 settembre 2022

Le opere di Enrico Versari si contrappongono al frastuono che caratterizza la temporaneità. Oggi è con noi un artista estremamente abile nel raccontare il tempo attraverso il segno che, come un filo, nel suo dipanarsi si accumula e scompare lasciando una traccia.

Caos e cosmo: la tua ricerca artistica sembra essere trainata dalla volontà di raggiungere un ordine superiore all’interno del disordine dell’immanenza. Raccontaci il percorso stilistico ed esistenziale che ti ha portato all’elaborazione della tua ultima produzione. 

Il senso dell’ordine è l’elemento innato che possediamo per conoscere i fenomeni che ci circondano, siamo agenti attivi che si muovono urtando contro l’universo fenomenico. Esiste un legame profondo tra percezione e ordine, sin da piccoli cerchiamo un senso osservando incantati cumuli caotici di nere nubi, trasformandole in figure fantastiche, ordinate, addomesticate della nostra memoria.

Nelle asperità rocciose delle grotte i nostri antenati sottolineavano con rossa ematite le ombre scure generate dal fuoco che, mettendo in scena le loro aspirazioni, li trasformò in maghi creativi. I primi artisti.

Ordine e caos sono gli elementi essenziali per ogni indagine estetico filosofica, mettere ordine al caos è l’elemento fondante di ogni azione artistica.

Il disegno e la pittura sono i miei strumenti di conoscenza filosofica su ciò che appare.

Oro, argento, riflessi ramati…la Luce è elemento fondamentale delle tue opere. Cosa rappresenta? È una luce interiore? Divina?

Gli ingredienti della mia ricerca artistica si contrappongono all'inconsistenza virtuale del contemporaneo e sono, mi piace dirlo, riscoperti nelle botteghe del rinascimento. Tutta l’azione preparatoria di tele o tavole è lenta e fondamentale. Nel mio studio sono le clessidre che segnano il tempo, uno scorrere lento, circolare, inesorabile. Gesti che lentamente, naturalmente, creano i presupposti per l’opera, che emerge spontanea.

Il soffice pigmento, il bianco gesso di Bologna, l'odorosa colla di coniglio; poi il legno, il rosso bolo armeno; le impalpabili foglie d'oro luccicanti, l'allume di rocca salata, il caldo rame e bronzo, il gelido alluminio. La dura pietra d'agata.

Poi nella mia ultima ricerca affidata alla galleria Palma emerge il colore, pigmenti luminosi che si intersecano creando effetti vibranti, contrapposizioni cromatiche inattese, complementari, fredde e calde, opache e lucide. Luminosissime.

Segno e simbolo, realtà e rappresentazione, bidimensionalità e tridimensionalità, forme geometriche e dedali inestricabili che fluttuano su sfondi ieratici. Nella tua ultima produzione, gli opposti sembrano convivere armonicamente all’interno di un percorso di conoscenza che definirei “alchemico”. Che puoi dirci a riguardo?

Un segno in un foglio è come un sasso gettato nello stagno, rompe uno stato di equilibrio, è già forma dinamica, la rappresentazione corrisponde all’esigenza di trovare un degno sostituto alla realtà, un medium rappresentativo che spesso è semplice pretesto per rappresentare.

Tutta la mia ricerca parte dal buio per arrivare alla luce, un processo di trasformazione di bizantina memoria, gesto catartico trasmutativo. Alchemico ed utopico.

Gli opposti sono sempre in scena, se penso al disegno non vedo dicotomia di estremi. Nel chiaro-scuro quello che emerge è unità di senso.

Ma non facciamola troppo pesa… Quando lavoro mi diverto moltissimo e mi rallegro quando genero stupore tra i miei simili. Spero di trasmettere la stessa felicità a chi osserva il mio lavoro, come quando pizzichi una corda negli antichi strumenti musicali orientali, l’altra se bene accordata, suona sempre per amore.

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