Toni Alfano: il fuoco inacceso
09 luglio 2022

La pittura di Toni Alfano incanta lo spettatore. Non vi è molto da aggiungere. Abbiamo intervistato l'artista per approfondire il messaggio più profondo delle sue opere e scoprire le suggestioni che influenzano la sua poetica.

Memoria e Identità sono tra i leitmotiv della tua ultima produzione. L’evoluzione stilistica più evidente è relativa però alla scelta dei soggetti e all’uso del colore. Nelle serie “Sonatine” questi macro-temi – sempre riconducibili anche a una dimensione culturale -  sono accostati in modo straordinario alle Geishe. Insomma, soggetti dal sapore d’Oriente e una tecnica, il Descialbo, che ha radici nella più alta tradizione artistica italiana. Il risultato finale è tutt’altro che ossimorico, piuttosto una straordinaria sintesi degli opposti.  Ci spieghi questa scelta?

Anche se abbraccio con totale convinzione il mercato dell'arte, la mia rimane una pittura di ricerca, che ha uno scopo preciso: dare alla misura della bellezza un valore più ampio possibile. Includere e trascendere dualità come vita/morte, bene/male, creazione/distruzione, ci permette di cogliere la bellezza non solo nella forma fissa, ma nella sua presenza dinamica.

Chi guarda è attratto dalla bellezza seducente delle Geishe e solo in un secondo momento nota le spaccature, che secondo me sono il vero soggetto del dipinto. Io scelgo una pittura estetica e al contempo una pittura agita, provo a mettere in scena la tensione che ad esempio potevano provare negli anni 50 gli artisti che si schieravano tra formale e informale, tra figura e azione.

La memoria definisce l'identità, l'ho imparato lavorando con persone affette da sindrome d'Alzheimer e osservando mio figlio: quando verso i due/tre anni si acquisiscono ricordi permanenti ci si definisce come “io sono”; quando questi ricordi svaniscono “io chi sono?”.

La bellezza è una forma immanente, calata all’interno di una dimensione trascendente, che è quella della vita, dei mutamenti, del succedersi di vite, dopo vite, giorni dopo giorni. Credo che quando nasce una forma di bellezza poi si fissa in una dimensione di eternità e non è più soggetta alla decadenza. Penso che la pittura faccia proprio questo: fissare per sempre una forma che muta.

Nascere, crescere, morire... tutto in un solo istante.

Creazione, conservazione e distruzione sono principi fondanti della Realtà. Tanti i rimandi a queste forze ancestrali all’interno delle più antiche filosofie orientali, nella psicanalisi junghiana e nelle teorie di fisica quantistica. Esse sono energie dirompenti che hanno una dimensione preponderante nella tua produzione. Potresti riassumere l’universo di simboli e suggestioni che ti hanno influenzato?

Oltre al grande debito che ho verso le filosofie e teorie che hai già citato tu nella domanda, posso dire che la summa di tutte le mie influenze si trova in una vecchia e bellissima canzone greca

TA MATOKLADA SOU LAMPOUN di Markos Vamvakaris:

“Le tue ciglia risplendono
come fiori dei campi
come fiori dei campi
Le tue ciglia risplendono
E quando socchiudi le ciglia
mi prendi anima e senno”

Sono un adoratore del momento presente e della malinconia che nasce dall'impossibilità umana di viverlo appieno. Credo che capire il presente sia in ultima istanza la chiave per capire il mistero che ci avvolge.

Tornando al Descialbo, la tecnica da te utilizzata è come il correlativo oggettivo dell’Essenza a cui riconduci la tua poetica - la Memoria - che, come il supporto utilizzato per la realizzazione delle tue opere, è stratificata….

La tecnica di esecuzione che un artista sceglie di utilizzare è parte stessa dell'opera e ha categoricamente un valore emotivo e simbolico. Ogni strumento, ideologico o pratico, ci definisce. Quindi scegliere l'olio, il carbone, il marmo, il byte, è assolutamente un correlativo oggettivo, come tu saggiamente hai colto.

Solo in apparenza la Memoria riguarda esclusivamente la soggettività dell’individuo. Quando essa assurge a narrazione cessa di essere un atto squisitamente privato e viene consegnata alla dimensione pubblica, divenendo soggetta a molteplici interpretazioni. Inevitabile il paragone con l’opera d’Arte. Vai con il flusso di coscienza.

So che quello che faccio è come diceva Giordano Bruno, “fuoco inacceso”, ovvero energia che appartiene potenzialmente a tutti. Ogni tipo di narrazione, di ruolo o identificazione è necessaria come un mezzo che ci permette di spostarci e nello spostarci ci modifica permanentemente. Acquisiamo e perdiamo pezzi di identità perchè l'identità è soggetta a decadenza, è nella sua natura di strumento. Mentre la dinamica che governa tutto questo è immortale, perpetua.

Acquisire memoria ci permette di definire identità, e lasciare che alla fine tutto si dissolva attribuisce un valore al processo, un valore di unicità e irripetibilità e consegna tale valore al di là del tempo e dello spazio entro il quale è avvenuto il processo stesso.

Io cerco di tradurre tutto questo nel creare un dipinto e metterlo subito in uno stato di parziale decadenza e atemporalità. Offrire a chi guarda la possibilità di cogliere la propria appartenenza a questo processo di trascendenza di sé.

“Il momento sotto il pergolato dove batte la pioggia,
il momento nella chiesa piena di correnti e fumi,
si possono ricordare; uniti al passato e al futuro.
Soltanto col tempo il tempo è conquistato”.

Burnt Norton

S. Eliot

 

 

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