Pietro Dente: Sinfonie Urbane
Protagoniste indiscusse delle opere di Pietro Dente sono le città: Skyline urbani di grandi metropoli contemporanee, spazi reali e surreali che catturano lo sguardo dello spettatore, e che lasciano presagire panorami di un “Altrove” ben più misterioso. Abbiamo incontrato l’artista per approfondire la poetica sottostante la sua ultima produzione.
La serie “Aria dura per la finzione di uno scorcio urbano” nasce nel 2008. Ci racconti la sua genesi?
Dopo anni di svariate sperimentazioni tecniche e stilistiche, nel 2001 ho iniziato ad inserire lastre trasparenti di plexiglass sulla tela. In quel periodo realizzavo paesaggi naturalistici sia sulla tela che sul plexiglass, sovrapponendoli tramite distanziatori: questa sovrapposizione voleva rappresentare l’idea di uno sdoppiamento quasi psichedelico della realtà, la lastra come una realtà parallela, simile a quella dei sensi ma eterea e inafferrabile. Con questa tecnica ho realizzato molte serie con diversi soggetti, sino a giungere, nel 2007, ad una prima svolta. Tornato da un viaggio a Berlino, ho cominciato a lavorare prendendo spunto dai paesaggi vissuti e fotografati nella città, iniziando una sintesi tra la tecnica messa a punto nelle opere precedenti e la potenza dirompente (a volte anche un po’ opprimente) degli spazi urbani della metropoli. Intitolai quella serie “Scorci berlinesi” mentre la successiva “Città in festa”. In quest’ultima serie ho iniziato a stratificare e graffiare il fondo ad acrilico su tela e a intensificare l’uso di colori rendendoli sempre più accesi e vibranti. Nel 2008 ho iniziato a creare delle composizioni urbane più complesse e strutturate nella serie “Aria dura per la finzione di uno scorcio urbano”. L'aria dura è etere solidificato, il piano in cui avviene la “magia” e dove l'arte ricrea la realtà.
L’impatto visivo delle tue opere non deriva soltanto dagli scorci prospettici estremamente fedeli e dall’uso sapiente del colore. La prospettiva quasi immersiva da te utilizzata è frutto di una sinergia fra i soggetti e i materiali scelti, in grado di riprodurre una terza dimensione che “si sporge” verso l’osservatore. Quanto è importante la tecnica da te utilizzata all’interno della tua opera?
La tecnica per me è uno degli elementi più importanti ed interessanti in un artista. Tramite il mezzo tecnico l'artista può realizzare la sua poetica e il suo pensiero. L'idea delle mie opere spesso scaturisce dalla reinterpretazione della realtà attraverso la ricerca di spazio e colore con l'ausilio di materiali plastici. Per tecnica non intendo solamente la tecnica pittorica, sarebbe oltretutto obsoleto, ma un insieme di elementi eterogenei che si fondono nella creazione dell'opera. Prima dell’utilizzo del policarbonato ho sperimentato l'utilizzo di molteplici materiali tra cui: fili di ferro, polistirolo, chiodi, materie plastiche, legno, pittura ad olio, lampadine e neon, stampe al computer, soldatini, ecc… Attualmente prediligo dipingere scorci di metropoli ripresi quasi esclusivamente dall’alto, realizzando i dettagli sulla lastra trasparente con colori a rilievo che poi sovrappongo alla tela dipinta ad acrilico ottenendo un effetto tridimensionale. Ciò dona all'opera potenza, movimento continuo ed effetti ottici sorprendenti.
Realtà e surrealtà. Verità e finzione. Slancio e metodo. Astratto e figurativo. Soggetto osservante e oggetto osservato. I contrasti ritmati delle tue opere sono frutto di contraddizioni ben calibrate e di svariate influenze artistiche. Come riesci a far convergere questo caos creativo in ogni singolo pezzo d’arte?
Il caos è molto importante nel mio processo creativo, e spesso viene a scontrarsi ed essere influenzato da regole rigorose che cerco di impormi al fine di concretizzarlo nell'opera. Questo contrasto tra regole e caos è onnipresente nella mia produzione (in una vecchia serie di opere ad olio con santi e cavalieri addirittura erano previsti dei piccoli spazi in cui si poteva improvvisare qualsiasi cosa). Questi due elementi sono in perenne lotta tra loro e, come potenze arcane, al momento sono in equilibrio instabile. Succede spesso che l’uno prevalga sull’altro in maniera automatica ed inconscia come quando mi preparo una lista dettagliata di colori che poi mi dimentico, finendo ad usarne di completamente diversi!
Per quanto riguarda le mie influenze artistiche, provo una grande gratitudine verso di esse e verso i miei predecessori tra i quali: Klimt, Magritte, Klee, Kandinskij, Cage, Duccio di Buoninsegna e tanti altri, tanto da dedicare loro una “serie nella serie” con “Punto, linea e grattacielo”. In questa serie, ancora aperta, fondo i miei scorci urbani a stili e metodi di altri artisti del passato che mi hanno trasmesso qualcosa di stimolante. La questione del contrasto tra astratto e figurativo credo si basi su presupposti molto limitanti, nel senso che una composizione - anche del passato - per reggere deve utilizzare linee e colori che di per sé considero astratti, sistemi ed espedienti che isolati dai soggetti divengono altro. Credo che il soggetto per molti artisti sia stato un pretesto per mostrare qualcosa d’altro, di migliore, qualcosa che va oltre alla realtà percepita dai sensi. È questo il vero scopo dell’arte, troppo spesso camuffato da soggetti che si è “costretti” a rappresentare. I miei paesaggi pieni di elementi non sono che un pretesto per sbizzarrirmi con linee e colori in cui mi immergo al punto di dimenticare il soggetto a favore di una visione d’insieme coloristica e spaziale che potrei definire di matrice astratta.
Le tue opere sono caotiche e silenziose allo stesso tempo, composizioni – potremmo dire - dal retrogusto sinestetico. Qual è stata l’influenza della musica sulla tua poetica e sulla tua produzione?
Quando si crea un’opera con moltissimi elementi è molto difficile che ci sia un’armonia minimale. È anche vero però che, come in una sinfonia, parti piene e parti vuote si fondono creando armonia ed equilibrio. L’influenza della musica per me è stata fondamentale e mi sono anche cimentato nella sua creazione. Spesso, parallelamente alle varie serie di quadri, componevo musica mantenendo gli stessi temi e/o metodi usati nella serie del momento. Ho composto musiche per la serie “medioevale” componendo musiche per organo e clavicembalo; oppure mentre a livello pittorico mi trovavo in una fase materica/astratta, musicalmente ero atonale/minimalista, per arrivare al periodo in cui “giocavo” con la guerra usando soldatini e computer art mentre componevo suite e sinfonie con marce militari e bombardamenti… l’ultima opera musicale risale al 2008 ed è parallela all’ultima serie che continua tutt’ora. È un mix di tutte le musiche precedenti ma con suoni più vicini agli ambienti urbani. Mentre dipingo inoltre ascolto sempre della musica, possibilmente a volume molto alto, e quando creo palazzi spesso mi sembra di disegnare note musicali; solo che poi…chi saprà interpretarle?