Gianfranco Meggiato: Materia ed Energia
Siamo orgogliosi di pubblicare la nostra intervista a Gianfranco Meggiato, Maestro della scultura contemporanea. Celebre a livello internazionale, l’artista collabora con Palma Arte da quasi 30 anni.
L’universo formale che è riuscito ad elaborare plasticamente in questi anni – anche in forma monumentale - si è spesso ispirato alla fisica quantistica. Può descriverci questa relazione ossimorica fra microcosmo e macrocosmo, fra materia ed energia, che caratterizza la sua poetica di scultore?
Io penso che mai come in questo momento scienza, spiritualità e filosofia, da sentieri apparentemente separati, stiano in realtà convergendo verso la vetta della stessa montagna e la chiave di tutto ciò è la fisica dei Quanti.
Max Plank premio Nobel e padre della fisica dei Quanti ancora nel 1918 affermava che “la materia in quanto tale non esiste, ma che tutta la materia trae origine ed esiste solo in virtù di una forza che fa vibrare le particelle atomiche e tiene insieme quel minuscolo sistema solare che è l’atomo. Dobbiamo presumere (diceva) che dietro questa forza esista una Mente cosciente e intelligente che è la matrice di tutta la materia”.
La moderna fisica dei Quanti si sta avvicinando sempre più al superamento del confine tra coscienza e materia, nella logica che tutto è uno.
In certe mie opere (vedi Uomo Quantico, Sfera Quantica, Quanto di Luce ecc.) io modello ogni singolo pezzo gustandomi l’attimo presente (il passato non esiste più, il futuro non ancora); poi nello stesso momento e nello stesso spazio vado ad assemblare i singoli elementi scegliendo inconsapevolmente solo una delle possibili varianti compositive, nasce così l’opera. Secondo le teorie della fisica dei Quanti il tempo lineare e lo spazio come lo intendiamo noi non esisterebbero, ma avverrebbe tutto nello stesso momento e nello stesso punto.
Arte e intelligenza artificiale. Cogliamo l’occasione per chiedere a un Maestro come lei qual è la sua posizione nei confronti di questa ampia tematica. Soprattutto: quale ruolo resta all’artista in un mondo in cui algoritmi, machine learning e immensi data set sembrano sul punto di prendere il sopravvento sulla creatività umana.
Io penso che “certa creatività” umana non soccomberà mai davanti all’intelligenza artificiale.
Per certa creatività intendo però non la capacità razionale di comporre qualcosa utilizzando sempre gli stessi elementi conosciuti, ma la capacità di mettersi in contatto con la fonte e attingere in modo istintivo a nuove conoscenze e a nuove informazioni.
La creatività vista allora come co-creazione con la coscienza universale, la stessa a cui faceva riferimento Plank e di cui noi, io credo, consapevolmente o inconsapevolmente facciamo parte.
L’intelligenza artificiale viene addestrata sui big data forniti da noi, un computer può elaborare quei dati ad una velocità infinitamente superiore alla nostra, ma non potrà mai elaborare quello che non conosce.
Nel mondo arabo si definisce la figura dell’artista come di un co-creatore, ecco in questa definizione io mi ci ritrovo molto.
Il mio modo stesso di concepire le mie opere non passa da progetti o bozzetti preliminari, ma parte spontaneo modellando la cera calda direttamente senza vincoli progettuali precostituiti, lasciando così spazio all’istinto e all’intuizione.
Una domanda aperta e lampo in relazione alla precedente: come esperisce lei la progettazione e la realizzazione delle sue opere? In buona sostanza: siamo a chiederle una personale definizione di processo creativo.
Come dicevo prima il processo creativo delle mie opere è particolare, ma credo perfettamente in linea con tanti altri artisti.
Joan Mirò diceva: “Le immagini prendono forma mentre lavoro. In altre parole anziché decidere di dipingere qualcosa, io inizio a lavorare e mentre dipingo l’immagine si impone o si offre al mio pennello”
Ecco se io cercassi di comporre le mie opere utilizzando solamente la mia componente razionale con tutta probabilità non riuscirei a definire niente e mi bloccherei.
Io devo cercare invece di sentire l’opera, di assaporarne passo passo la creazione, senza pensare subito alla scultura finita o a come verrà, ma gustandomi l’attimo fuggente, l’intuizione della modellazione di un particolare. L’insieme di questi attimi va a costituire poi l’opera finita.
Questo è anche il bello del mio essere artista, non sapere mai cosa farai oggi e che opera uscirà, se uscirà, in definitiva non annoiarsi mai, il che non è poco.