Alessandro Casetti: l'Anima del Mondo fra Micro e Macrocosmo
La produzione artistica di Alessandro Casetti è un percorso affascinante le cui note fondamentali sono emozioni, sogni, speranze. Abbiamo intervistato l'artista che - attraverso crepe e campiture di colore- descrive l'Anima del Mondo in dialogo fra microcosmo e macrocosmo.
La tua arte è un condensato di texture cangianti e pura potenza cromatica, sublimate da una tecnica pittorica estremamente sofisticata. Le tue opere si pongono in un Reame inesplorato a metà via tra l’action painting e la più fine arte figurativa. Come sei giunto a questa sintesi?
Sono giunto a questa sintesi dopo anni di sperimentazione durante i quali ho utilizzato svariate tipologie di colori e materiali. Poi per un errore ho mescolato assieme alcune vernici che hanno generato questo effetto materico inaspettato. Era un momento in cui non riuscivo a trovare la mia direzione artistica, ed i costanti no che ricevevo dagli addetti ai lavori, invece di farmi gettare la spugna, mi hanno spronato a osare ed esplorare nuove maniere di fare arte che mi hanno portato a scoprire questa tecnica pittorica.
Per realizzare le mie opere utilizzo vernici industriali, prevalentemente smalti ad acqua che applico per gravità su tela. Asciugandosi sul supporto, i colori assumono forme e consistenze diverse, si inspessiscono e si spaccano creando l’effetto del crakle (o craquelé). L’opera dunque si fa materica, viva. E la sensazione è quella di avere davanti agli occhi qualcosa di infinitamente grande o di infinitamente piccolo: la visione satellitare del pianeta, le crepe della terra riarsa, fossili di laghi antichi; oppure, al contrario, il lento procedere delle muffe visto attraverso un vetrino. Il macrocosmo ed il microcosmo dialogano, si mescolano e si fondono.
Tecnica e processo creativo: il tuo “modus operandi” è oltremodo affascinante, caratterizzato da una gestualità che pare mossa da impulsi viscerali. Non puoi controllare completamente il risultato finale dei tuoi dipinti: caso, destino e istinto concorrono nella loro ultima realizzazione.
Non credo nel caso ma piuttosto a un assetto emotivo e a un'attitudine, alle volte anche inconscia, che ci porta ad un determinato risultato. Penso profondamente che siamo sempre noi i protagonisti silenti di tutto questo ingarbugliato meccanismo.
Effettivamente il processo creativo è estremamente viscerale ed istintivo ed a volte il risultato finale è molto diverso da ciò che mi ero immaginato mentalmente e questo è anche il bello. Affidarsi all'istinto ci consente di dare spazio ad impulsi e movimenti creativi che la mente razionale non è in grado di decifrare. C'è anche una parte pittorica di precisione, e quindi più razionale, che è quella finale, in cui sollevo il supporto in verticale e, intervenendo prevalentemente con il nero, vado a tirar fuori volumi, forme ed espressioni all' interno della confusione magmatica dei colori. Controllo e istinto collaborano e si fondono per creare qualcosa di bello. È come trovare ordine nel disordine, è come accettare contraddizioni che costantemente coesistono in me. Ricerco sempre la bellezza come strumento di cura.
Sogni, speranze, inquietudini ed emozioni: il colore ha sempre anche una matrice di carattere psicologico e richiama a mondi interiori. La tua ultima produzione in particolare è caratterizzata da una palette più vivida. Questa mutazione corrisponde a una fase particolare della tua vita di uomo e di artista?
L'uso dei colori è sempre molto istintivo, anche se spesso, volontariamente o involontariamente, attraverso l'accostamento di essi, cerco di dare vita a dialoghi cromatici che possano portare l'animo dell'osservatore a contattare emozioni profonde e sconosciute. Sicuramente questa fase caratterizzata da colori così forti rappresenta un momento della mia vita in cui necessito di tirare fuori coraggio e grinta per fare scelte importanti.
Le figure femminili da te ritratte sono caratterizzate da sguardi inintelligibili, alle volte riflessivi e sognanti, alle volte sfidanti. I tuoi profili sembrano invece scrutare orizzonti inesplorati. Raccontaci delle donne che porti alla luce.
Il femminile che porto alla luce evoca e incarna la capacità dell'uomo di entrare in contatto con le parti più intime e profonde del proprio animo. Rappresenta l'archetipo dell'intimità, della delicatezza e della sensibilità, che vive in ogni essere umano, maschio o femmina che sia: una sorta di viaggio dantesco negli Inferi dell’anima, là dove la razionalità svanisce in mezzo ad un universo di magma e fango. Entrare in contatto con i nostri lati più bui significa mettersi seriamente in gioco ed ascoltarsi davvero, significa affrontare i nostri demoni, imbrattarsi e sporcarsi fino al collo per uscirne fuori con un diamante nelle mani. Credo profondamente che una discesa vertiginosa nei luoghi più profondi della nostra anima sia l'unica via possibile per evolverci e migliorarci come persone. Con i miei volti, rappresento metaforicamente attraverso la pelle tutti i processi emotivi che accadono dentro quei mondi inesplorati. Una pelle che racconta come una mappa geografica ogni latitudine del nostro io più intimo e profondo. Un viaggio introspettivo che punta il dito sui margini sghembi e sottili del nostro ego. Perché è proprio lì dentro che nasce il germoglio di tutto ciò che avverrà fuori. Sguardi profondi e diretti, altre volte sfuggenti e lontani, manifestano universi nascosti. Crepe di colore che si aprono in uno spazio dove tutto si dissolve, forse per fare posto ad un futuro migliore.